La scuola perfetta

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Si può cambiare un sistema di insegnamento

Classi hi-tech, libri gratis e nessun bocciato: la chiamano la scuola perfetta, perché questo istituto superiore finlandese è un modello di istruzione personalizzata in cima alle classifiche Ocse. Si può guardare a questa esperienza con un certo scetticismo o con un convinto entusiasmo, ma di sicuro viene da chiedersi: una cosa così potrebbe esistere anche in Italia?

Introduzione

Secondo uno studio di TreeLLLe pubblicato da studenti.it, per il 19% dei giovani fra i 19 e i 25 anni nessun professore ha lasciato il segno o trasmesso valori importanti e per il 45% soltanto un professore verrà ricordato. Se chiedi ad un ragazzo italiano cosa pensa della sua scuola, ti dirà che non gli piace un gran che (l’ISTAT rileva che il 54,2% degli studenti si dice poco o per niente soddisfatta della qualità delle strutture scolastiche), ma che in fondo è sempre meglio di andare a lavorare.

Rispetto a quest’ultima considerazione non ho dati di supporto, ma la mia percezione è che molti adolescenti vivano il loro rapporto con la scuola come fanno i pesci con l’acquario.

54,2 % degli studenti di dicono poco o per niente soddisfatti della qualità delle strutture scolastiche italiane

Ci nuotano dentro, senza farsi troppe domande. E se parli con un insegnante, anche qui vado a spanne, probabilmente troverai una certa rassegnazione rispetto al modo con cui vanno le cose. Così ti convinci che più di tanto non si può chiedere al sistema, e che in fondo è normale che ci sia una certa rilassatezza nel mondo della scuola italiana.

Poi apri il giornale, e leggi di una scuola dal nome impronunciabile (Meilahden Yläaste) che in Filandia, ad Helsinki, sta facendo cose da pazzi. Val la pena approfondire, per capire se si tratta di un episodio sporadico o se può diventare un modello replicabile.

Corsi personalizzati e niente libri: una scuola così è davvero possibile

Alla Meilahden Yläaste ciascuno studente può costruire il suo corso di studi scegliendo nell’offerta didattica in funzione delle proprie attitudini.

Nessuno fa scelte azzardate o rimane indietro, perché il processo di costruzione del curriculum avviene con il supporto e la consulenza di insegnanti e psicologi.

Si tratta dunque di un’istruzione su misura che parte dalle doti personali di ciascuno.

E’ forse per questo che qui i ragazzi studiano tre lingue straniere (molti chiedono di poter studiare un corso di cinese), hanno risultati eccellenti nelle materie scientifiche e non fanno esami.

Già, non fanno esami. Il baricentro è talmente spostato sul ragazzo, che non occorrono passaggi formali per certificare la qualità dell’apprendimento (o forse della docenza?). La bocciatura, come logica conseguenza, non esiste: se necessario chi ha difficoltà frequenta un anno in più.

Il che è perfettamente coerente con un approccio teso a valorizzare le attitudini del ragazzo, più che a scovarne i limiti.

Infine c’è la questione dei libri. Che non ci sono. Perchè a ciascuno studente viene assegnato un computer portatile, che si connette ad internet con la rete wifi gratuita disponibile su tutto lo stabile. Così gli studenti possono confezionare on-demand i propri ebook scaricando solo i capitoli di cui hanno bisogno, e reperendo le altre informazioni su wikipedia o altre fonti online.

Cosa rende ancora più interessante questa storia? La natura pubblica dell’intera operazione. Non stiamo parlando di un modello accessibile a pochi. Chiunque può iscriversi alla Meilahden Yläaste, come del resto nella gran parte degli istituti scolastici finlandesi. Qui l’istruzione è quasi esclusivamente pubblica e gratuita: dagli asili nido all’università lo stato investe il 7,2 per cento del Pil nella scuola.

Se la Montessori fosse ancora qui

Quando penso a cosa significhi innovare nella scuola italiana, il mio pensiero, non so perchè, va indubbiamente alle Lavagne Interattive Multimediali (LIM).

Nell’ottobre 2008, l’allora ministro Maria Stella Gelmini lanciò l’obiettivo di dotare le scuole italiane di 10.000 LIM. Nel 2012, l’82% delle scuole pubbliche e il 18,5% di quelle paritarie si erano dotate delle lavagne multimediali. Discorso diverso, invece, è l’utilizzo che di questi strumenti viene fatto. Al di là del costo, da molti giudicato eccessivo, ci sono seri dubbi circa l’impatto sui risultati degli studenti.

Al di là di queste remore, punti di vista se vogliamo, il punto diventa dunque la necessità di un cambio di paradigma nell’approccio degli educatori. In passato, basti citare il celeberrimo metodo Montessori, siamo stati in grado di esprimere il meglio della pedagogia mondiale. Oggi dobbiamo ritrovare quello spirito innovativo per scoprire un nuovo modo di fare scuola senza scambiare i mezzi con i fini.

La LIM, piuttosto che gli ebook o i tablet distribuiti agli studenti, sono solo uno strumento per favorire l’apprendimento. Bisogna evitare l’errore di considerarli di per se stessi, capaci di generare valore. Questi strumenti diventano piuttosto la scusa per stimolare un’evoluzione nell’approccio didattico e di servizio espresso dal sistema scolastico.

L’esperienza della Meilahden Yläaste, in cui il modello d’istruzione è studente-centrico, è indubbiamente un punto di partenza per rivedere molti dei costrutti mentali con cui analizziamo il mondo “scuola”. Lasciamoci affascinare da questa provocazione nord-europea e iniziamo ad immaginare una nuova scuola. Non sarebbe fantastico se il prossimo istituto premiato come “miglior scuola al mondo” fosse italiano?

  • GVB78

    onestamente io credo che la scadente qualità della scuola italiana non è dovuta alla scelta delle materie da studiare (tranne una) quanto invece dalla presenza di professori che spesso hanno scelto quel lavoro come ripiego del fallimento della propria carriera principale (con ricadute abbastanza egocentriche soprattutto nelle materie artistiche o il famoso fenomeno di essere obbligati a comprare il libro del prof come succede spesso all’università) o tanto per avere un posto sicuro (ahh il famoso posto fisso) ma senza alcuna reale velleità, il risultato è che poi gente come Chiara e molti altri che hanno una genuina passione per l’insegnamento si trovano a dover percorrere una via crucis per poter fare il loro lavoro invece che avere accesso diretto per meritocrazia. Quindi giovani motivati, giovani che potrebbero svecchiare e rendere molto più interessante il processo di apprendimento. Giovani a cui preme di trovare un modo di appassionare i giovani al sapere senza altro obiettivo personale se non vederli tutti promossi non per buonismo ma per risultati.
    Io eccezionalmente credo di aver avuto più di un professore “mentore”… e mi ritengo fortunata, ma sono anche una che ha scoperto precocemente la propria strada quindi ho saputo bene o male trarre da ogni prof il meglio. Salvo pochi mediocri insomma posso contare nella mia carriera scolastica alcuni mentori e poi il resto professori nella norma.
    Il modello della scuola islandese è fatto su misura della cultura islandese che viene naturalmente trasmessa ai giovani. Senza voler fare polemica ma ricordiamoci che l’islanda è balzata agli onori della cronaca per aver detto no al debito nazionale con le banche ed essere tornata ad una economia con un’autonomia economica sovrana. Con degli adulti così, a differenza di noi, i giovani non possono che essere ragazzi che hanno a cuore l’indipendenza di pensiero e il desiderio di eccellere.
    Qui purtroppo bisogna ancora fare un lavoro abbastanza pesante alla radice del problema per cui il modello islandese è del tutto fuori dalle nostre possibilità.
    P.s. hai citato la Montessori, (che io ho frequentato) beh mi spiace dirlo ma anche il suo metodo mi pare oggi giorno futuristico rispetto alla nostra situazione attuale.

    • Fabio Fraticelli

      Il tuo commento mi rende felice per due motivi. Il primo è che è hai rotto un’invisibile cortina che tutti i blog hanno, soprattutto all’inizio: trovare un lettore che commenti un post. Sei stata coraggiosa, e l’hai fatto con un commento puntuale e ragionato, di cui ti ringrazio a nome di tutto il team di AIT.

      Ora il secondo motivo di felicità: la tua è una riflessione senza dubbio fondata che offre un’occasione di confronto (bello!). La tua osservazione spinge infatti “quasi automaticamente” ad un’ulteriore domanda: se così stanno le cose, cosa possiamo fare per far sì che giovani come Chiara possano trovare lo spazio che meritano? Forse un sistema di valutazioni dal basso? Ci sono casi – in Italia o all’estero – a cui ispirarsi?

      Grazie ancora per il commento, è stato emozionante trovarselo qui!