Sotto al cappello di castoro, un cuore grande. Che abbraccia tutti.

In Ispirazioni

Un cappello di castoro, o forse di martora, non so, comunque, con tanto di coda svolazzante. È stata la prima cosa che m'ha incuriosito di Cecilia. Lo indossa d'inverno, quando il freddo morde di brutto. Cecilia è diventata mia amica. Quindi, sono di parte secondo un certo giornalismo politicamente corretto. Poco male. Io racconto quel che vedo e quello che mi emoziona.

Un cappello di castoro, o forse di martora, non so, comunque, con tanto di coda svolazzante. È stata la prima cosa che m’ha incuriosito di Cecilia. Lo indossa d’inverno, quando il freddo morde di brutto.

Cecilia è diventata mia amica. Quindi, sono di parte secondo un certo giornalismo politicamente corretto. Poco male. Io racconto quel che vedo e quello che mi emoziona.

L’altra cosa che m’ha impressionato è la passione che esprime per la sua terra. E per chi la abita. E qui bisogna spiegare.

Cecilia Romani Adami proviene da una nobile famiglia fermana, di quelle che il blasone non lo hanno mai fatto pesare; ha compiuto studi economici, ha lavorato 15 anni con Diego Della Valle, ha girato l’Italia e il mondo, poi, ha deciso altrimenti. Ha deciso di scommettere sulla sua Terra di Marca e sul turismo. Così se n’è tornata a Fermo, ha ristrutturato il palazzo di famiglia, ne ha ricavato una serie di suite da incanto, insomma, un resort di charme. Quindi ha dato vita ad un’associazione che si chiana Uno+uno3 – un bel team di professionisti, la più parte giovani e dinamici – con cui organizza eventi in Italia e corsi di management.

Operazioni imprenditoriali, certamente. Ma con un’ anima dietro. Con la consapevolezza che si può e si deve operare per il bene di tutti, che si può e si deve valorizzare il capitale umano, i giovani, la squadra, le comunità locali. Parole? Queste mie, sicuro. Ma sentite i fatti, che vi convinceranno come hanno convinto me.

L’ultimo film di Pupi Avati, Il cuore grande delle ragazze, nasce a Fermo, esattamente alcuni anni fa, intorno alla mensa di Cecilia. La stanza è piccola, accogliente, gli invitati pochi, il pasto gustoso. Cecilia racconta la storia della città, del territorio, della Marca, dell’altra sponda dell’Adriatico (e qui trova il supporto della mamma professoressa, la signora Teresa) i personaggi che l’hanno abitata e vissuta. Il regista ascolta silenzioso, registra storie, notizie, guarda il volto appassionato della “contessina”.

La conclusione è: Il seme è gettato. Cecilia è coinvolgente, sprizza energie e si fa motore mobile. Con il Club di Papillon chiama a raccolta i migliori produttori marchigiani di cose buone delle Marche. Due edizioni fantastiche in location che propongono la bellezza innanzitutto: architettura, bontà gastronomiche, convegni, concerti di campane e di grandi sassofonisti (vi dice niente il maestro Massimo Mazzoni?). Un valido sostegno ai piccoli produttori (gli Angeli Matti di Paolo Massobrio) che non riescono ad entrare (e magari nemmeno lo vogliono) sui mercati della grande distribuzione.

Salto altri esempi e arrivo al più recente, quello del 25 gennaio scorso. Un convegno-tavola rotonda a Fermo sulla possibilità di rendere alcuni palazzi cittadini disabitati luoghi di accoglienza turistica. Cecilia chiama in città investitori stranieri, esperti di turismo, docenti universitari, dirigenti bancari internazionali. Fa accendere sulla Terra di Marca i riflettori che le mancano. È un’azione a vantaggio della comunità. Avrà riflessi e ricadute positive per l’intera Marca.

Non so se Cecilia conosca il proverbio africano che dice: < Da soli si va veloci, ma insieme si va lontano>. Comunque, ne condivide l’essenza. Insieme per andare lontano.

E chissà se avrà mai notato gli affreschi di Ambrogio Lorenzetti alle pareti del Palazzo del Governo di Siena. 24 cittadini che tirano insieme la corda, concordemente, e appoggiandosi ad essa.

E chissà se Cecilia avrà mai riflettuto sulla scritta che campeggia su porta Camollia sempre a Siena, e che recita: Cor magis tibi Sena pandit (più delle altre cose Siena ti apre il suo cuore). Accoglienza, ospitalità, cuore. Ricetta vincente.

Questa signora dallo sguardo da adolescente non è un’eroina, è semplicemente una donna che ci mette cuore e cervello nelle cose che fa. E li usa entrambi. Contemporaneamente.

La prossima volta che la incontro a messa nel Duomo di Fermo, con il cappello alla David Crocket, le dirò di questo mio pezzo. Si schermirà, sicuramente. Mi dirà che non avrei dovuto scriverlo. Poi, le si bagneranno gli occhi, e sorriderà. Con quella coda di castoro (o di martora) scodinzolante…

Foto: Leonora Giovanazzi