Non c’è Impresa se non c’è Famiglia

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I dati dell’Istat fotografano una realtà interessante.

Nel 2011 sono stati celebrati in Italia 204.830 matrimoni (3,4 ogni 1.000 abitanti), 12.870 in meno rispetto al 2010. La tendenza alla diminuzione, in atto dal 1972, si è particolarmente accentuata negli ultimi quattro anni (-4,5% tra il 2007 e il 2011, a fronte di -1,2% rilevato negli ultimi 20 anni).

Il fenomeno ha interessato tutte le regioni. Nel periodo 2008-2011 il calo più marcato si è osservato in Sardegna (-7,7%), in Campania e nelle Marche (-6,9%).

Le nozze sono sempre più tardive. L’età media al primo matrimonio degli uomini è pari a 34 anni e quella delle donne a 31 anni.

Nel 2011 sono state celebrate con rito religioso 124.443 nozze, 39 mila in meno rispetto al 2008.

Non c'è impresa se non c'è famiglia

La crisi economica mondiale sicuramente non aiuta a prendere una decisione che implica un qualche grado di certezza finanziaria (ah, quelle maledette bollette…), ma allo stesso tempo non possiamo aspettare che l’economia cambi prima di noi.

L’economia siamo noi, e dunque siamo noi a dover ripartire.

E se la nostra impresa, la nostra startup iniziasse con l’inizio di una famiglia? In fondo la famiglia vera è la prima impresa che un uomo (e una donna) può mettere su.

Inutile dire che prima “mi sistemo” e “poi mi sposo”. Forse è proprio il contrario!

La Storia

Hai letto il titolo di questo post?

C’è una ragione ben precisa se ho voluto iniziare così il mio primo articolo per An Italian Tale.

Dopo il matrimonio, e guardando indietro al mio percorso professionale, posso dire con certezza che la strada da seguire per costruire un’impresa è la stessa che bisogna avere per una famiglia.

Per anni ho sentito tanti giovani che dicevano “non mi sposo perché non ci sono soldi/lavoro/certezze nel futuro”, la soluzione a tutto questo era rimanere in un limbo tra eterni fidanzati o convivenze instabili.

Quasi cominciavo a crederlo pure io… poi per fortuna ho visto cosa è successo ad un mio carissimo amico. E ve lo racconto con gusto (NB: i nomi sono di fantasia!)

Io e John ci siamo conosciuti nel 2003, quando tutti e due frequentavamo l’Orchestra Giovanile Italiana di Fiesole. I primi anni non ci siamo “presi in amicizia”, idee politiche, umane e di qualsiasi altra natura molto diverse. E se c’era l’occasione ci si mandavano delle frecciatine polemiche.

Lui era il classico scapestrato. Io, forse, un po’ troppo inquadrato e ligio al dovere.

In quei anni si fidanza con una ragazza con cui, nel 2006, concepisce un figlio.

Conoscendo John ero sicuro che la creatura concepita avrebbe vissuto per pochi giorni, sapevo che lui era a favore dell’aborto, specie quando i genitori non sono in grado di mantenere una famiglia.

Invece lo incontro in giro e, con un sorriso che va da un orecchio all’altro, mi dice: “lo sai che Sally è incita”?

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Mi prende di sorpesa. Non mi aspettavo proprio di vederlo così felice. Continua con il suo racconto e mi spiazza del tutto.

“Tu lo sai come la penso e sinceramente, sì, ho pensato all’aborto. Ma quando ho accompagnato Sally a fare la prima ecografia, e ho visto quella cosa di pochi millimetri, non potevo credere che fosse solo un ammasso di cellule. Lui c’è! Ed è mio figlio, non posso ignorarlo! Ho cambiato completamente il mio punto di vista…”

Da lì a poco John e Sally hanno avuto una bellissima bambina, si sono sposati e hanno fatto altri 2 figli!

Anzi, John è stata la persona che più di tutti mi diceva “ma cosa aspetti a sposarti?!”.

È l’uomo più felice del mondo perché ha trovato nella famiglia la piena realizzazione di sé costruendosi attorno il suo successo come persona, come musicista e come padre di famiglia.

Certo, ogni giorno ci sono nuove grandi difficoltà, ma John ha affrontato l’evento di un figlio come l’occasione per se di diventare un altro, di crescere.

Conclusioni

Credo che ci siano due modi per leggere questa storia. Il primo è lasciarsi andare in un gran bel “e vissero tutti felice e contenti”. Il secondo, che poi è quello che preferisco, è di leggere la vicenda di John e Sally in maniera più profonda.

L’Osservatorio AUB (AIdAF-Unicredit-Bocconi) e il Cambridge-Institute for Family Enterprise sono usciti di recente con due studi che convergono su risultati simili: dal 2007 al 2010 il ROE, il ritorno sul capitale, per le aziende familiari si è attestato sul 4,7% contro il 2,1% delle aziende non familiari.

Anche il loro valore aggiunto è arrivato al 3,1%, contro il -0,2% delle altre. Il fatturato delle aziende familiari, poi, è cresciuto del 2,4%. Le aziende non familiari? Sono calate dell’1,8%. Per non parlare dei dipendenti, cresciuto per le prime del 16% contro un ben più ridotto +3,6% delle seconde.

Tutti questi numeri dimostrano che le aziende familiari sono un buon deterrente contro la crisi economica.

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Quando è la famiglia a condurre il business, sembra accadere qualcosa di speciale. La differenza delle imprese a conduzione familiare risiede nel fatto di essere guidate con quei valori che ci spingono ogni giorno a tenere salda una famiglia anche di fronte i problemi quotidiani.

Antichi valori come rispetto, amore, trasparenza, sobrietà e impegno per le promesse fatte.

Post Scriptum (questa non te l’aspettavi…)

Per me la storia di John e Sally è stata un esempio e l’ho seguito!

Cioè, mi sono sposato lo scorso anno e ad aprile abbiamo avuto un bellissimo figlio.

La mia situazione lavorativa è cambiata, non sono milionario, ma una famiglia ti dà la giusta misura per leggere la tua vita, capire dove andare, investire e avere coraggio.

Adesso il resto sta a voi!