Questa è la storia di Gino

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Gino è un signore piccolo piccolo sulla cinquantina tendente alla sessantina. Grandi occhiali e una faccia simpatica da ape operaia sempre aperta in un sorriso cordiale. Si direbbe un uomo di altri tempi. È ragioniere (ricordate questo particolare) e di mestiere fa il consulente del lavoro. La ragazza, non ha bisogno di avere un nome. Magra e pallida, stretta in un tallier blu “hostess”,dimostra di avere non più di vent’anni, e invece deve averne di più, visto che è laureata in Giurisprudenza e in questo momento sta studiando per sostenere l’esame da avvocato, ma è qui perché collaboratrice “precaria” di una società di recupero crediti, sta accompagnando il suo capo.

Gino è un signore piccolo piccolo sulla cinquantina tendente alla sessantina. Grandi occhiali e una faccia simpatica da ape operaia sempre aperta in un sorriso cordiale. Si direbbe un uomo di altri tempi. È ragioniere (ricordate questo particolare) e di mestiere fa il consulente del lavoro.

La ragazza, non ha bisogno di avere un nome. Magra e pallida, stretta in un tallier blu “hostess”,dimostra di avere non più di vent’anni, e invece deve averne di più, visto che è laureata in Giurisprudenza e in questo momento sta studiando per sostenere l’esame da avvocato, ma è qui perché collaboratrice “precaria” di una società di recupero crediti, sta accompagnando il suo capo.
L’ambiente è conviviale. Un pranzo di lavoro tra imprenditori e professionisti amici, in un piccolo ed affollato ristorantino.

Gino conosce tutti e stringe forte le mani dei suoi compagni di tavolo (clienti ed amici), salutando tutti con la sua vocetta penetrante.

La ragazza, è quasi sempre silenziosa. Parla solo se interrogata. Il più del tempo guarda spaesata intorno cercando di capire che cosa sta facendo in quel posto e quando arriva il caffè per poter correre in ufficio. Ma dietro a timidi occhietti marroni, la ragazza nasconde un’altra ansia. Un’altra angoscia. La sua precarietà. La precarietà di una giovane che si prepara a sostenere l’ultimo esame della sua vita. L’esame più importante e faticoso. Il termine meritato del suo percorso formativo. E non sa che farsene. Non sa a cosa serva. E in fondo, con un lavoro da agente dipendente, non sa a che cosa serva prendere quello “straccio” di titolo di avvocato.

Mi stavo perdendo anch’io nell’angoscia di quello sguardo precario, di quella storia contemporanea da precaria, quando Gino, trai fumi un piatto di tagliatelle ed un bicchiere di vino imbevibile, ha fatto emergere la sua storia, la sua vita, se stesso. Una storia cha ha il sapore antico delle storie che danno una speranza.

La storia di un giovane di campagna, che i genitori vogliono perito, che nei ruggenti anni ‘60 (o ‘70?) fa 80 chilometri al giorno per andare all’I.T.I. Montani di Fermo, per prendere il suo diploma di perito meccanico, lavorando il fine settimana per aiutare la sua famiglia a mantenergli gli studi. Che viene assunto da una grande ditta multinazionale come perito meccanico e si trova di colpo a gestire il personale dell’azienda, perché il padrone non voleva spendere e gli stava simpatico quel perito con la faccia serena da ape operaia, per parlare e trattare con i suoi operai. La storia di un signore che viene spedito a Roma e qui, lavorando dieci ore al giorno, incontra la sua signora portandola via dalla Capitale. La storia di un perito che per gli operai chiamavano “Ragioniere”. E lui si arrabbiava , perché “Ragioniere” non era… La storia di un perito che a quarant’anni, facendo un lavoro da “Ragioniere”, decide di tornare a scuola e, nei rombanti anni ‘80 lo prende il diploma da Ragioniere: studiando la mattina e la sera e prendendo all’esame di maturità 56/60 “perché i professori non avevano dato 60 a nessuno e quindi non potevano darlo anche a me”.

E con il suo diploma di ragioniere si iscrive all’Albo dei Consulenti del lavoro, lascia la sua aizenda multinazionale e mette a disposizione delle piccole e giovani aziende del suo territorio, venti anni di cordiali rapporti con i lavoratori nella grande azienda che lo aveva assunto.

Una storia di altri tempi? Forse sì. Una storia di piccola e quotidiana grandezza, di un cordiale e simpatico ottimismo, nelle difficoltà, nella fatica, ma nella certezza di affrontare anche ciò che sembra ignoto.

Storia di Gino. E della imprevista speranza di una vita donata anche all’ansia di una ragazza precaria.

Foto: Leonora Giovanazzi