Sul perché abbiamo bisogno di uomini, non (solo) di campioni

In Personaggi, Riflessioni

Foto da Motogp.com

Sono rimasto molto colpito dal dibattito che ha seguito l’ultima gara del motomondiale.

La storia è nota: Marquez aiuta Lorenzo a raggiungere il traguardo per primo, mentre Valentino Rossi arriva quarto e perde il mondiale, all’ultima gara, per soli 5 punti.

Se solo Lorenzo fosse arrivato secondo, oppure terzo, oggi staremmo a raccontare del 10° mondiale vinto dal “Dottore”.

E invece il giorno dopo siamo praticamente unanimi nel dire che sì, si è trattato di un “biscottone”, ovvero del brutto accordo sottobanco di due connazionali.

Lo stesso Lorenzo, in maniera più o meno velata, ha lasciato intendere che il suo antagonista spagnolo ha anteposto l’orgoglio della bandiera a quello della competizione in pista.

La vicenda – forse perché pompata dai media – ha avuto una certa eco nell’opinione pubblica.

Ne ho avuta la piena percezione questa mattina in metro, quando due signore sulla cinquantina commentavano i fatti.

La corsa, si capiva, l’avevano vista tutta. Incredibile, no?!

Ma perché tutto questo interesse? perché tutto questo bisogno di commentare i fatti, lasciando intendere che in qualche modo sono diventati anche nostri, che li abbiamo interiorizzati e che sentiamo la necessità di prendere posizione rispetto a questa vicenda?

In fin dei conti parliamo soltanto di ragazzetti ben pagati che passano 40 minuti in sella ad una moto, una domenica ogni tanto!

Ci ho pensato un po’, e sono giunto alla conclusione che dentro questa vicenda di Rossi, Marquez e Lorenzo si gioca qualcosa di più.

È come se, grazie a questi fatti, riscoprissimo quanto abbiamo bisogno bisogno di avere non dei campioni invincibili (in fondo, quello che dà fastidio non è il 4 posto di Rossi), ma semplicemente delle persone sulla cui integrità morale non vi siano dubbi. Degli uomini, che si comportino da uomini, ovvero delle persone capaci di anteporre un bene più grande al loro interesse personale o a piccoli interessi contingenti.

Te ne accorgi bene se rifletti sul sentimento di benevolenza che ha circondato il quarto protagonista di questa storia.

Fuori da qualsiasi corsa per il titolo iridato, con un terzo posto in gara già consolidato, mentre “quei due davanti” davano un pessimo spettacolo, a due giri dalla fine un tale Dani Pedrosa si faceva sotto alla moto di Marquez e Lorenzo.

Insomma, quest’altro ragazzetto, che come gli altri corre in moto una domenica ogni tanto, si comporta in maniera diametralmente opposta rispetto a chi lo precede.

Dani è venuto lì per vincere, e combatte per questo.

Non c’è nulla per Dani che possa derogare a questa motivazione originaria per la quale – anche questa domenica – ha deciso di andarsi a divertire con gli altri ragazzi del Motogp.

Dani è un ragazzo puro, un motociclista vero, uno che non si lascia condizionare da quello che gli accade intorno.

Quando Dani abbassa la visiera del casco, pensa solo a tirare il più forte possibile fino a quando non raggiungerà il traguardo.

Perché è questo che è venuto a fare. Questo sport è la sua passione, e lui questa passione non la tradisce.

Così affonda un attacco in una delle ultime curve, ma rimedia una sportellata da Marquez che rischia di farlo cadere. Dani perde la sua occasione e rimane “dietro”, chiudendo al terzo posto.

Vorrei dire che Dani è un professionista, ma ridurrei la portata dell’esempio che ha dato.

Perché Dani è un vero uomo, e dunque un vero campione. Anche se ha chiuso la gara al terzo posto.

Ed è bello constatare che le persone se ne accorgono, e riconoscono in lui una “postura” diversa.

Rimane un peccato vedere come per il momento l’opinione pubblica sembri più sensibile alle storture presenti nel mondo dello sport anziché in quello economico e politico (mentre si correva la Motogp a Bologna – per esempio – succedeva un casino), come se in questo ultimo ormai non ci fossero più margini per recuperare una certa integrità morale ed indignarsi quando le cose girano al contrario.

Eppure questa vicenda rimane un buon esempio che dimostra come il nostro cuore non sia del tutto rattrappito.

Perché è ancora in grado di riconoscere cosa è il bene, e quali persone lottano per esso.

Al di là di come è finita la gara, Marquez sarà infatti ricordato come l’uomo piccolo che è venuto volentieri a patti con il suo codice d’onore, mentre Pedrosa sarà ricordato come il pilota che si è speso con tutto se stesso per tenere viva la bellezza originaria dello sport che ha incontrato da bambino.

  • Chiara

    Ciao Fabio,

    da appassionatissima di MotoGP (e fan n1 di Rossi, manco a dirlo) che non si perde una gara da anni, nemmeno in Svezia, ho appena visto la mail e letto la tua nota. Condivido un po’ tutto, tranne una cosa (senza andare oltre al primo livello di lettura della vicenda):
    “In fin dei conti parliamo soltanto di ragazzetti ben pagati che passano 40 minuti in sella ad una moto, una domenica ogni tanto!”

    So che è una banalizzazione voluta, ma appunto per la premessa che ti ho fatto, mi sento in dovere di dire che sono:
    ragazzetti ben pagati, che passano 40 minuti in sella ad una moto correndo a 300km/h, una domenica ogni tanto. Che rischiano la loro vita una domenica ogni tanto e sono fortunati a poterlo fare, perchè correre in moto è la loro passione più grande e, in quel momento, la loro ragione di vita. Ce lo ha insegnato Marco (Simoncelli) qualche anno fa, purtroppo. E ce lo continua ad insegnare Vale che, a 36 anni suonati, è ancora lì a giocarsela con un ragazzino che pensa di fargliela sotto al naso.
    Sarà retorica, ma è retorica per me necessaria.
    Detto questo, sarò scema io, ma quando Danilo (Petrucci) è andato largo per far passare Vale una lacrima m’è scappata. E quando Dani (Pedrosa) se l’è giocata fino in fondo, sono stata orgogliosa di lui e fiera di me per averlo sempre supportato sempre, nonostante tutti lo chiamassero Camomillo. Per quanto mi riguarda, il secondo livello di lettura nemmeno mi serve e quindi, egoisticamente e col paraocchi, mi voglio fermare qui.

    Buona giornata! 🙂

    • Ciao Chiara!

      parole sante… era appunto una banalizzazione voluta, per far capire che in realtà, dentro quello sport, c’è qualcosa di grande che si consuma.
      Magari esagero, ma io ci rivedo dei valori quasi “cavallereschi”.
      E’ per questo che anche io non perdo una gara, e che ogni volta ripenso al Sic…

      Buona giornata!

      • Chiara

        Se ti capita, ti consiglio una lettura piacevole e non troppo impegnativa. Si intitola “Il capolavoro” di Enrico Borghi. Lo lessi qualche anno fa, ma ricordo che oltre alla storia decisamente affascinante, ci trovai anche qualche riflessione interessante per quanto riguarda l’organizzazione aziendale e il management.
        http://www.amazon.it/Il-capolavoro-Enrico-Borghi/dp/8864686479

    • Chiaro

      ma che stupidaggini dici, Chiara? Andare in moto è soltanto uno hobby pagato… non rappresenta nessun ideale per il quale morire perchè non rappresenta nessuna trascendenza esistenziale.
      Le tue parole sono impregnate di romanticismo!

  • Chiaro

    La premessa è una petitio principii… mi spiace

    • Ciao Chiaro! argomenteresti meglio? So cosa sia una “petizione di principio” o “risposta con la premessa” ma non vedo come si inserisca in questa nota…