Non è solo un pezzo di legno, ma una vita intera. Anzi, tre.

In Imprenditori, Ispirazioni

Quando abbiamo saputo che avremmo incontrato Danilo, la prima cosa che abbiamo fatto, naturalmente, è stata quella di dare uno sguardo al sito della sua falegnameria. Pensavamo di trovarci di fronte alla classica attività artigianale di produzione di mobili in legno. Ci sbagliavamo: tavoli, sedie, lampade, pannelli decorativi… i suoi lavori ci hanno dato subito l’idea di essere tutt’altro che tradizionali.

La nostra attenzione viene catturata da una semplice panca. Realizzata da un pezzo unico di legno di Iroko, ha una linea estremamente pulita.

Immaginiamo di trovarcela davanti, il nostro sguardo che corre seguendo la linea retta e la semplicità della sua forma rettangolare. All’improvviso, un pezzo di legno scuro conficcato nella seduta. E’ una traversina ferroviaria: praticamente, quella parte di binario alla quale sono fissate le rotaie. Ruvida e grezza, contrasta, quasi disturba, la precisione della seduta. Cosa ci fa un pezzo di binario su di una panca?

Recupero, Riuso, Riscopro

Per capirlo, facciamo un passo indietro, precisamente al momento in cui abbiamo conosciuto Danilo Nizzi. Nella  falegnameria di questo artigiano toscano, ad Abbadia di Montepulciano (Siena), da più di 40 anni si lavora il legno – e non solo – per realizzare arredi su misura, complementi, oggettistica, elementi decorativi. Danilo definisce La Falegnameria un contenitore creativo: un luogo dove materiali di diversa natura e consistenza – prima di tutto il legno, ma anche ferro, alluminio, vetro – si incontrano, si mescolano e si fondono per dar vita a oggetti nuovi e originali.

Danilo,  raccontandoci di “seconde vite”, di recupero, di creatività,  ci spiega che il suo lavoro consiste (soprattutto) nel realizzare oggetti di uso quotidiano utilizzando principalmente gli scarti delle lavorazioni o le componenti di oggetti non più utilizzabili. Materiali che finirebbero in discarica, e che invece, sotto le mani sapienti di questo artigiano, ritornano alla vita, “riacquistano dignità”- come a lui piace sottolineare – sotto forma di pezzi unici e irripetibili. Ed ecco che, dai trucioli di alluminio, nasce un meraviglioso lampadario dal gusto futurista; i tasselli di legno di una vecchia barrique trovano spazio all’interno di una struttura in ferro recuperato per dar forma a un tavolo dal design industriale; le componenti di vecchi lampadari vengono assemblati per formare una lampada; e una traversina ferroviaria diventa una delle due gambe della mia panca del cuore.

Alla ricerca della bellezza

Oggi, il concept de La Falegnameria è piuttosto chiaro:

“Un progetto che unisce riuso creativo a tecniche sperimentali per produrre pezzi unici, mobili e oggetti fortemente caratterizzati dai materiali impiegati, spesso usurati, deformati, irripetibili, che tornano a vivere in forme nuove e insolite”.

Ma non è sempre stato così. La Falegnameria, infatti, ha origine più di 40 anni fa – precisamente nel 1971 – quando il padre di Danilo, insieme ad alcuni soci, decide di dar vita a un’attività di costruzione di case prefabbricate in legno.

L’attività va avanti per un po’ di anni fino a quando la società si scioglie. Il padre di Danilo mantiene una parte del capannone dove prima si svolgeva l’attività produttiva; lì, continua il suo lavoro di falegname, realizzando principalmente infissi, porte, finestre…insomma, quello che una falegnameria tradizionale dovrebbe  produrre, e di cui la gente di questo piccolo paese immerso nel verde delle colline toscane ha bisogno.

Danilo entra in falegnameria poco più che bambino. Mentre ci racconta la sua storia, lo immaginiamo, questo ragazzino un po’ “difficile” a cui la scuola proprio non va giù, e che a 15 anni comincia a muovere i primi passi nel mondo del lavoro. Se non vuoi studiare, vai a lavorare: ed è per questo che, inizialmente, l’ingresso in falegnameria viene da lui vissuto come una forzatura. Passano i mesi, e in realtà questo giovane apprendista comincia a provare una vera passione per questo mestiere. Danilo osserva suo padre, da lui impara le basi del mestiere, ma non si limita ad imitarlo: comincia, infatti, a realizzare i suoi oggetti, dimostrando una forte “vocazione al bello”, un gusto e un senso della misura e delle proporzioni non comuni per l’età e per il settore.

Danilo è molto giovane, ma comincia già a immaginare un futuro diverso per la falegnameria: oltre la tradizione, oltre i pezzi classici, può esserci un altro mercato da esplorare. La capacità di saper unire l’estetica alla funzionalità, la cura dei dettagli, l’attenzione costante all’equilibrio e alle proporzioni, l’intuizione di poter riutilizzare i materiali in maniera creativa: Danilo comprende che questi elementi possono costituire il vero valore aggiunto dei prodotti della falegnameria.

Tradizione e innovazione

E’ molto emozionato, il nostro artigiano, quando ci racconta di come, per tanto tempo, le sue idee non siano state comprese dal suo “maestro”: perché usare cerniere recuperate da vecchi mobili quando, in commercio, se ne trovano di belle e nuove? Qual è il senso di utilizzare i materiali di scarto? E soprattutto, perché sottrarre tempo e lavoro al business di un’azienda solida e ben avviata, per dedicarsi a mercati più complessi? Tra alti e bassi, padre e figlio continuano comunque a lavorare insieme per parecchio tempo. A lavorare, e soprattutto a collaborare: perché, un po’ per volta, Danilo riesce a conquistare la fiducia di suo padre, che lo lascia libero di proseguire per la sua strada e di orientarsi sempre più verso la sua vera passione – il mondo dell’arredamento e del design – facendo così diventare la falegnameria il “contenitore creativo” che è oggi.

Vita di impresa, vita di un uomo

Ascoltandolo, riflettiamo su quanto i confini tra la storia della falegnameria e la storia personale dell’artigiano siano estremamente labili. Il rapporto con suo padre, i suoi insegnamenti, le collaborazioni, a volte le incomprensioni. Il matrimonio con Maria Stella e la nascita dei suoi tre figli: Danilo sempre in bilico tra il dovere e il voler fare, tra il desiderio di sperimentare nuove possibilità e la necessità di dover proseguire con l’attività tradizionale (del resto, ci sono le bollette da pagare, i bimbi da mandare a scuola e una famiglia da mantenere). E poi, gli incontri: sono tante le persone che hanno percorso un pezzetto di strada insieme a lui, e che, in qualche modo, hanno contribuito a farlo diventare la persona e l’artigiano che è oggi.

“Faccio questo lavoro da quarant’anni; e ogni singolo momento di questi anni, mi ha restituito qualcosa”.

Danilo non ha studiato design, e non nasconde una punta di orgoglio nel dirci che il suo lavoro è frutto di un percorso da autodidatta, della sua personale ricerca artistica inserita all’interno del lavoro tradizionale svolto in falegnameria. Eppure ci crede tanto, nel valore della cooperazione e dello scambio: architetti, designer, collettivi di artisti… Non importa per quanto tempo abbiano lavorato insieme: Danilo ha portato la sua esperienza dentro realtà anche molto diverse e, a sua volta, non ha avuto paura di lasciarsi contaminare dalle idee altrui.

La creatività, la perseveranza, la cura dei dettagli, l’amore per i materiali, l’attenzione all’ambiente.  Sono questi i caratteri distintivi del lavoro di Danilo, il suo valore aggiunto. Certo, non sempre basta. Occorre imparare a raccontare il proprio lavoro, portarlo fuori dai confini del proprio territorio. E’ importante fare rete: sfruttando le potenzialità del web, per esempio, ma non dimenticando il valore delle relazioni personali, quelle vere. E lui questo lo sa, tanto da aver deciso di ristrutturare e riconvertire a spazio multifunzionale una vecchia area di fronte la sua falegnameria, per poter accogliere eventi, ospitare mostre, incontrare persone.

 Tre generazioni, un’unica passione

A distanza di una settimana, ci troviamo a ripensare alla mattina in cui Danilo ci ha raccontato la sua storia, una vera e propria storia d’amore con i materiali e la manualità. Possiamo immaginare le sue mani che riescono a fare magie, trasformando oggetti vecchi che non vuole più nessuno in pezzi unici e bellissimi. Pensiamo alla passione che nutre per questo lavoro che gli ha permesso di andare avanti sempre, anche nei momenti più duri ma anche alla sua consapevolezza: di fronte alla realtà della crisi economica, che ha tagliato le gambe a tanti artigiani (soltanto per citare un dato: dal 2009, in Italia si contano quasi 94.000 imprese artigiane in meno), lui non si piange addosso. Si ingegna, cerca di capire come poter dare più visibilità ai suoi prodotti. E’ consapevole di non aver mai dato troppo spazio alla comunicazione, e che tuttavia non è troppo tardi per cominciare a far qualcosa per questo.

E ancora, riflettiamo sulla sua positività, o meglio: sul suo pragmatismo. Quando gli chiediamo come vede La Falegnameria del futuro, ecco che ci  parla di suo figlio Niccolò: “una grande risorsa per l’attività, un aiuto fondamentale, uno stimolo ad andare avanti“. Forte dell’esperienza da lui stesso vissuta, farà del suo meglio per guidare il figlio tra i segreti di questo mestiere ma, soprattutto, per farlo sentire libero di seguire la sua strada e le sue inclinazioni. Ed ecco che, nella nostra mente, si materializza la “terza versione” della falegnameria: forse più grande, o forse no. Magari ridimensionata, ma sicuramente ancora più moderna e creativa. Un luogo dove poter continuare a sperimentare, a ideare, a dar forma e materia  a una passione che ha unito tre generazioni di falegnami.